Biglietti comprati già da una settimana... Non si poteva rischiare di perdersi un tale evento di gioia, di colore, di positività così raro a Palermo. Ed allora, ho pensato a quando mio papà mi portò allo stadio, circa 33 anni fa. Ho ricordato l'attesa spasmodica, l'emozione e la meraviglia nello scoprire quanto verde fosse il verde del prato, quanto colorati fossero gli spalti, quanto forti fossero i rumori del tifo dal vivo: fu amore a primo incontro!
Era il 26 di aprile del 1981... oggi è facile risalire alla data grazie ad internet!
Avevo 8 anni... Oggi ho voluto che la mia Ludo, anche lei ad 8 anni, conoscesse nel modo più bello cosa significasse vedere dal vivo una partita allo stadio, annusare gli odori, ammirare i colori... Purtroppo ha dovuto anche patire il gran sole che oggi batteva sullo stadio senza sosta, ha un po' sofferto la sete perché il servizio "catering" dello stadio Barbera fa piangere... insomma non credo che sarà sbocciato lo stesso amore anche per lei! C'è stata la festa... una festa moderna...
Ho portato anche Manu, mio nipote, il mio maschietto e con noi c'era anche Dario... un amico.
Blog personale... Spazio destinato alle idee, alle chicche, ai pensieri, alle impressioni di un uomo normale che crede che condividere sia sempre meglio che chiudersi in se stessi.
sabato 10 maggio 2014
martedì 6 maggio 2014
VAI AVANTI!
Non aspettare di finire l'università,
di innamorarti,
di trovare lavoro,
di sposarti,...
di avere figli,
di vederli sistemati,
di perdere quei dieci chili,
che arrivi il venerdì sera o la domenica mattina,
la primavera, l'estate, l'autunno o l'inverno.
Non c'è momento migliore di questo per essere felice.
La felicità è un percorso, non una destinazione.
Lavora come se non avessi bisogno di denaro,
ama come se non ti avessero mai ferito e balla,
come se non ti vedesse nessuno.
Ricordati che la pelle avvizzisce,
i capelli diventano bianchi e i giorni diventano anni.
Ma l'importante non cambia:
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è il piumino che tira via qualsiasi ragnatela.
Dietro ogni traguardo c'è una nuova partenza.
Dietro ogni risultato c'è un'altra sfida. Finché sei vivo, sentiti vivo.
Vai avanti, anche quando tutti si aspettano che lasci perdere.
di innamorarti,
di trovare lavoro,
di sposarti,...
di avere figli,
di vederli sistemati,
di perdere quei dieci chili,
che arrivi il venerdì sera o la domenica mattina,
la primavera, l'estate, l'autunno o l'inverno.
Non c'è momento migliore di questo per essere felice.
La felicità è un percorso, non una destinazione.
Lavora come se non avessi bisogno di denaro,
ama come se non ti avessero mai ferito e balla,
come se non ti vedesse nessuno.
Ricordati che la pelle avvizzisce,
i capelli diventano bianchi e i giorni diventano anni.
Ma l'importante non cambia:
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è il piumino che tira via qualsiasi ragnatela.
Dietro ogni traguardo c'è una nuova partenza.
Dietro ogni risultato c'è un'altra sfida. Finché sei vivo, sentiti vivo.
Vai avanti, anche quando tutti si aspettano che lasci perdere.
sabato 3 maggio 2014
SCUSATE L'ANTICIPO!!
DOPO UN SOLO ANNO DI ATTESA TORNIAMO DOVE DOBBIAMO STARE: IN SERIE A!!
SPERIAMO SOLO CHE QUEST'ANNO DI PURGATORIO POSSA SERVIRE DA MONITO PER LA SOCIETA' AFFINCHE' POSSA RICORDARE CHE LA "A" NON E' UN CAMPIONATO DA AFFRONTARE CON GIOCATORI INADEGUATI MA UN PATRIMONIO CITTADINO DA MANTENERE AD OGNI COSTO ALLESTENDO UNA SQUADRA COMPETITIVA!
BRAVO IACHINI!! BRAVI GIOCATORI!! BRAVA ANCHE LA SOCIETA'!!
domenica 27 aprile 2014
MA IN CHE SCHIFO DI PAESE VIVIAMO?
Non è una provocazione ma una semplicissima e spontanea constatazione.
Ripropongo la domanda? In che schifo di paese viviamo?
No, non è il caso di fare ancora i moderati e quindi dire "razza"... esageriamo pure così come hanno esagerato i nostri politici e diciamo proprio "schifo"!!
Un paese in cui ti svegli al mattino e non sai quasi più cosa succederà oggi...
Un paese in cui più passa il tempo e meno certezze hai sul tuo domani...
Un paese in cui chi fa il politico lo fa solo ed unicamente per elevarsi sopra la media e servirsi senza ritegno dei denari pubblici, sistemarsi per sempre e sistemare i propri cari...
Un paese in cui far tutto è divenuto impossibile per la burocrazia vergognosa che ormai contraddistingue qualsiasi iniziativa in cui ci si imbatta...
Un paese in cui ormai è ordine del giorno contare i suicidi per disperazione di imprenditori ossessionati, vessati dalle cartelle esattoriali e di disoccupati sempre più soli ed isolati dal mondo del lavoro ed in cui, tali suicidi scivolano ormai nell'indifferenza più totale, quasi fossero previsti, quasi riguardassero macchine... numeri e non uomini, famiglie, coniugi rimasti soli, figli rimasti orfani, genitori addolorati per aver perso figli...
Un paese in cui nessuno ha più rispetto per nessuno... perché ormai in Italia non si rispetta più nessuno...
Un paese in cui allevi i tuoi figli per poter condividere con loro i possibili successi futuri per poi vederli trasferire all'estero, lontanissimi, in pratica perderli proprio quando si approssima la tua seconda o terza età e vorresti sentirteli più vicini...
Un paese in cui se apri un locale pubblico devi fare i conti col pizzo ma anche con le forze dell'ordine che ti minacciano di continuo di farti chiudere se...
Un paese in cui se devi fare un concorso nelle armi la prima cosa che ti si chiede è: "Ma ce l'hai la raccomandazione?"...
Un paese in cui le scuole stanno crollando ma i ministeri ed i Palazzi del Governo splendono di luce propria...
Un paese in cui gli artisti che hanno fatto gavetta fanno la fame mentre i figli dei "talent show" godono di fama, ricchezza e notorietà...
Un paese in cui si mandano in guerra i propri soldati ma per pagarli meno si dichiara di mandarli in missione di pace...
Un paese in cui si pagano ancora tasse per la guerra in Abissinia...
Un paese in cui si indice un referendum ma se poi l'esito di questo referendum non è "comodo" per le proprie nefandezze si fa finta di essersi dimenticati proprio di questo esito...
Un paese in cui si riduce la gente comune alla fame, togliendole pian piano tutto il superfluo e spesso anche l'essenziale... togliendole 100 ma facendole credere di averle regalato magnanimamente 10...
Un paese in cui si promuove l'apertura di ogni tipo di Centro Commerciale in barba al terssuto economico delle città in modo tale da poter contare sempre su un certo quantitativo di elettorato...
Un paese in cui un condannato... un truffatore... un pedofilo viene punito con un giorno di lavori sociali a settimana e, nonostante l'interdizione dai pubblici servizi, gli viene consentito un nuovo impegno politico... una nuova campagna elettorale...
Che vergogna!! Mi vergogno di essere parte di questo sistema!! Mi vergogno di essere un italiano di QUESTA Italia!!!
Ripropongo la domanda? In che schifo di paese viviamo?
No, non è il caso di fare ancora i moderati e quindi dire "razza"... esageriamo pure così come hanno esagerato i nostri politici e diciamo proprio "schifo"!!
Un paese in cui ti svegli al mattino e non sai quasi più cosa succederà oggi...
Un paese in cui più passa il tempo e meno certezze hai sul tuo domani...
Un paese in cui chi fa il politico lo fa solo ed unicamente per elevarsi sopra la media e servirsi senza ritegno dei denari pubblici, sistemarsi per sempre e sistemare i propri cari...
Un paese in cui far tutto è divenuto impossibile per la burocrazia vergognosa che ormai contraddistingue qualsiasi iniziativa in cui ci si imbatta...
Un paese in cui ormai è ordine del giorno contare i suicidi per disperazione di imprenditori ossessionati, vessati dalle cartelle esattoriali e di disoccupati sempre più soli ed isolati dal mondo del lavoro ed in cui, tali suicidi scivolano ormai nell'indifferenza più totale, quasi fossero previsti, quasi riguardassero macchine... numeri e non uomini, famiglie, coniugi rimasti soli, figli rimasti orfani, genitori addolorati per aver perso figli...
Un paese in cui nessuno ha più rispetto per nessuno... perché ormai in Italia non si rispetta più nessuno...
Un paese in cui allevi i tuoi figli per poter condividere con loro i possibili successi futuri per poi vederli trasferire all'estero, lontanissimi, in pratica perderli proprio quando si approssima la tua seconda o terza età e vorresti sentirteli più vicini...
Un paese in cui se apri un locale pubblico devi fare i conti col pizzo ma anche con le forze dell'ordine che ti minacciano di continuo di farti chiudere se...
Un paese in cui se devi fare un concorso nelle armi la prima cosa che ti si chiede è: "Ma ce l'hai la raccomandazione?"...
Un paese in cui le scuole stanno crollando ma i ministeri ed i Palazzi del Governo splendono di luce propria...
Un paese in cui gli artisti che hanno fatto gavetta fanno la fame mentre i figli dei "talent show" godono di fama, ricchezza e notorietà...
Un paese in cui si mandano in guerra i propri soldati ma per pagarli meno si dichiara di mandarli in missione di pace...
Un paese in cui si pagano ancora tasse per la guerra in Abissinia...
Un paese in cui si indice un referendum ma se poi l'esito di questo referendum non è "comodo" per le proprie nefandezze si fa finta di essersi dimenticati proprio di questo esito...
Un paese in cui si riduce la gente comune alla fame, togliendole pian piano tutto il superfluo e spesso anche l'essenziale... togliendole 100 ma facendole credere di averle regalato magnanimamente 10...
Un paese in cui si promuove l'apertura di ogni tipo di Centro Commerciale in barba al terssuto economico delle città in modo tale da poter contare sempre su un certo quantitativo di elettorato...
Un paese in cui un condannato... un truffatore... un pedofilo viene punito con un giorno di lavori sociali a settimana e, nonostante l'interdizione dai pubblici servizi, gli viene consentito un nuovo impegno politico... una nuova campagna elettorale...
Che vergogna!! Mi vergogno di essere parte di questo sistema!! Mi vergogno di essere un italiano di QUESTA Italia!!!
sabato 26 aprile 2014
E' QUASI FINITO IL LUNGO WEEKEND!!
Come ogni ponte, o weekend allungato che dir si voglia, giunge la fine...
Quando deve iniziare ti sembra di aver davanti un'eternità da vivere in piena libertà, godendoti le persone e le cose a te care... Succede già dai tempi della scuola... Ma quando giungi sull'orlo dell'ultimo giorno ti volgi indietro e ti rendi conto che il tempo, quello che ti sembrava un'eternità, è volato via in un baleno.
Il mio ponte è stato un po' particolare... condizionato dalla febbre di Ludo che ci ha costretti a star sempre in casa... dal maltempo che mi ha influenzato l'umore.
Questa sera mi sono ritrovato corroso dall'ansia per vari motivi ma le mie 2 orette di Liturgia mi hanno rimesso in carreggiata... Gesù è sempre con me!
Rimane solo la domenica e credo che sarà una domenica abbastanza piena: saremo di Battesimo al mattino e a pranzo fino al pomeriggio per poi dedicarci al concerto del coro di cui fa parte Ludo, in Chiesa, dalle 19,00 in poi.
Poi si tornerà a lavorare... e qui si aprirebbe un nuovo, ulteriore capitolo su cui poter disquisire per ore, credo.
Lavorare... per un azienda che non sembra aver più speranze di vita... per un titolare che ti considera un peso... un numero scomodo... senza sapere cosa sarà il tuo futuro... cosa farai "da grande"!
E chi lo avrebbe mai detto che mi sarei ritrovato a questo punto, a 41 anni!!
Ma mai piangersi addosso: momenti di scoramento si ma... solo momenti... poi si deve costruire, si devono gettare le basi per capire, per fare, per ricominciare... dove, cosa... si vedrà!
Ma Dio sarà con me! Gesù non mi farà sbagliare!
Notte notte!!
Quando deve iniziare ti sembra di aver davanti un'eternità da vivere in piena libertà, godendoti le persone e le cose a te care... Succede già dai tempi della scuola... Ma quando giungi sull'orlo dell'ultimo giorno ti volgi indietro e ti rendi conto che il tempo, quello che ti sembrava un'eternità, è volato via in un baleno.
Il mio ponte è stato un po' particolare... condizionato dalla febbre di Ludo che ci ha costretti a star sempre in casa... dal maltempo che mi ha influenzato l'umore.
Questa sera mi sono ritrovato corroso dall'ansia per vari motivi ma le mie 2 orette di Liturgia mi hanno rimesso in carreggiata... Gesù è sempre con me!
Rimane solo la domenica e credo che sarà una domenica abbastanza piena: saremo di Battesimo al mattino e a pranzo fino al pomeriggio per poi dedicarci al concerto del coro di cui fa parte Ludo, in Chiesa, dalle 19,00 in poi.
Poi si tornerà a lavorare... e qui si aprirebbe un nuovo, ulteriore capitolo su cui poter disquisire per ore, credo.
Lavorare... per un azienda che non sembra aver più speranze di vita... per un titolare che ti considera un peso... un numero scomodo... senza sapere cosa sarà il tuo futuro... cosa farai "da grande"!
E chi lo avrebbe mai detto che mi sarei ritrovato a questo punto, a 41 anni!!
Ma mai piangersi addosso: momenti di scoramento si ma... solo momenti... poi si deve costruire, si devono gettare le basi per capire, per fare, per ricominciare... dove, cosa... si vedrà!
Ma Dio sarà con me! Gesù non mi farà sbagliare!
Notte notte!!
mercoledì 23 aprile 2014
COME SI STA BENE SU UN CAMPO DI CALCETTO!!!
QUESTA SERA L'ENNESIMA PARTITA DI CALCETTO... L'ENNESIMO INFORTUNIO... MA "CHISSENEFREGA"!!! COM'E' BELLO IL DOLORE DI UN MUSCOLO STIRATO... DI UNA BOTTA ALLA TIBIA... DI UNA GOMITATA AL COSTATO SE TUTTO CIO' RIESCE A FARTI SENTIRE ANCORA GIOVANE!!! GIOCO OGNI MERCOLEDI' SERA CON 9 VENTENNI O GIU' DI LI'. MIA MOGLIE MI DICE CHE SONO UN VECCHIETTO IN MEZZO AI RAGAZZINI MA VEDERE CHE ANCORA RIESCO A TENERE IL LORO PASSO, A FAR CAPIRE LORO COME SI GIOCA AL PALLONE MI RIEMPIE DI UN ORGOGLIO CHE NON HA PARI!! E SE UN GIORNO MI VERRA' UN INFARTO IN CAMPO? SE MORIRO' SU UN CAMPO DI CALCETTO VORRA' DIRE CHE SARO' MORTO FELICE!!!
lunedì 21 aprile 2014
DAVID E L'OMINO
…molto lentamente, immersi in quel fantastico
scenario, provano a proporsi quali potenziali sognatori. Si, perché questa
gente non sogna da tanto tempo e forse non sa proprio più come si riesca a
farlo. E’ gente triste, abbandonata dalla vera essenza della vita, opacizzata
nell’anima dall’austerità di un’esistenza priva di fantasia, di speranze, di
colori. Era domenica… una di quelle domeniche tristi ed insulse la cui cinerea
consistenza sembrava amplificata dal rigido clima invernale parigino. David la
notò da lontano quell’insegna molto discreta e la vide tra le tante perché era
l’unica accesa seppur illuminata da una luce fioca. Si avviò lungo quella
strada, solo, le mani in tasca, la testa bassa riparata dal cappuccio del suo
paltò, il fiato fattosi fumo all’etereo contatto con quell’aria gelida. Solo il
lento tonfo dei propri passi risuonava nel silenzioso contesto che David stava
vivendo. Passi e pioggia divennero presto gli unici compagni del suo cammino.
Giunse dinnanzi alla porta di quel negozio; era un po’ stanco David quando fece
per bussare preceduto da qualcuno che gli aprì la porta. Fu grande la sua
sorpresa nell’udire ciò che quella strana figura pronunciò: <<Salve
amico, la stavo aspettando!>>. David osservò bene, in silenzio, quell’omino
che gli stava davanti. Gli incuteva fiducia, lo capì in un solo istante e si
fidò di lui, della sua voce un po’ roca, di quella barba bianca che gli donava
quell’aria così saggia, del suo sguardo bonario e dei suoi occhi profondi,
specchio fedele di un’anima pura. <<Prego, si accomodi pure>> gli
disse l’omino e così facendo si spostò con il corpo e gli indicò con la mano la
direzione da seguire. David era sempre più confuso e lo fu ancor di più quando
si accorse del particolare arredamento che adornava l’interno di quella
bottega. <<Solo un divano ed alcune brandine – pensò tra se – non sarà
mica un dormitorio? Ma se lo fosse probabilmente non sarebbe tutto così
perfettamente in ordine, pulito, tranquillo, poco vissuto>> fu la sua
logica deduzione. Continuò a guardarsi intorno come per studiare ogni
particolare, ogni angolo del negozio, sempre in silenzio, un imbarazzante
silenzio. L’omino se ne stava in un punto seminascosto, accanto ad una
scrivania d’epoca fornita di una lampada da tavolo anch’essa antica che emetteva
una lucina molto discreta. Da quel punto d’osservazione guardava il suo ospite
con l’aria sorniona di chi sa, di chi ha capito. Dopo aver atteso parecchi
minuti aspettando qualsiasi reazione di David fu lui a rompere il ghiaccio
schiarendosi la voce per farsi sentire meglio. <<Posso darle del
tu?>> <<Certo>> gli rispose il giovane quasi sibilando.
<<Ti sarai chiesto certamente cosa si venda in questo negozio, che merce
si tratti, il perché di questo arredamento; ti sarai chiesto chi sia io stesso
ma vorrei che fermassi per un solo attimo i tuoi pensieri. Questo negozio in
realtà non è un negozio; qui si regalano sensazioni dimenticate, pensieri
smarriti, sogni da percorrere per chi non sa più sognare. So che il tuo nome è
David ma mi piacerebbe sapere anche cosa fai nella vita>>. Il giovane si
sedette sul bracciolo del divano fissando il misterioso signore. <<Lavoro
in una fabbrica. Faccio ciò che mai avrei voluto fare. Ho dovuto accontentarmi
rinunciando ai sogni di quand’ero adolescente e da quando ho rinunciato ai miei
sogni non ho più saputo sognare>>. <<Capisco. Fammi pensare un
attimo>> gli disse l’ometto. Nella penombra di quella grande sala egli si
mise in movimento. Percorse qualche metro in circolo riflettendo… le mani giunte
dietro la schiena… il passo lento. <<Ecco! – esclamò – Ho trovato ciò che
fa per te. Puoi accomodarti sul divano che hai di fronte? O preferisci
distenderti su una di quelle brandine?>>. Incuriosito e smarrito il
ragazzo non rispose neppure e si avviò verso il sofà: era forse meno comodo ma
di certo gli parve più accogliente con la sua calda e lucida tinta color rosso
vino ed i grandi cuscini che sembravano chiamarlo ammalianti. David si sedette,
sistemò un paio di volte il cuscino che gli stava di sotto, reclinò il capo un
po’ all’indietro, provò a socchiudere i suoi grandi occhi cerulei e, avvolto da
quel felpato silenzio, piano piano si addormentò. Riaperti gli occhi si ritrovò
al centro dello stadio della propria squadra di calcio del cuore, circondato da
decine di migliaia di tifosi festanti, rumorosi e colorati, ammantato da quella
maglia dai colori così particolari che per tanti anni aveva desiderato poter
indossare, orgoglioso e grintoso, pronto a versare ogni stilla di sudore per
ottenere le più insperate vittorie. L’acre profumo dell’erba umida saliva lungo
i suoi sensi: era un odore che egli amava. Essere un vero calciatore era una
sensazione unica, il coronamento dei sacrifici di tanti anni, il risarcimento
per le fatiche di un bambino, per i dolori muscolari, per gli infortuni, per le
cadute nelle pozzanghere colme di fango dei campi sterrati di periferia, per il
gelido freddo affrontato in maglietta e calzoncini nelle grigie domeniche
invernali e per il torrido caldo patito nei pomeriggi di agosto durante le preparazioni
precampionato. Essere un calciatore significava aver vinto e poter rifarsi di
quell’infanzia di stenti; poter ripagare papà e mamma per i sacrifici compiuti
pur di tirarlo su bene insieme ai suoi fratelli concedendo loro quelle
soddisfazioni che nella vita non avevano potuto cogliere: una casa di proprietà
ed una vita serena al riparo dalle intemperie economiche. Essere un calciatore
voleva dire poter regalare alla sua Annie il coronamento di ogni suo desiderio,
renderla felice, vederla fiera di quel compagno così determinato da esser
riuscito laddove solo pochi riescono. David scoprì la gioia; capì cosa potesse
significare portare in cuore la soddisfazione della realizzazione. In un baleno
si rivide in quella palestra nella quale si erano infrante le sue speranze… la
sua giovane carriera. Quella partitella tra compagni di scuola David la rigiocò
facendo sfoggio della propria bravura ma la portò a termine senza nessun
problema: nessuna traccia di quella tremenda distorsione ai legamenti provocata
dalla straordinaria aderenza tra il tartan della palestra e la sua scarpetta
ginnica, nessun dolore lancinante. Pensò di aver fatto solo un brutto sogno.
L’infortunio doveva essere stato solo il contenuto di un bruttissimo incubo e
prova ne era il fatto che si era ritrovato lì, al centro del campo, pronto per
quella partita… la partita d’esordio al cospetto di tutti i suoi cari stipati
lì in tribuna, troppo piccoli rispetto alla gigantesca calca per poter essere
individuati ad occhio nudo. David li immaginò in un attimo: la sua Annie con
gli occhi sgranati, concentrata su ogni suo movimento, lo sguardo velato da un
sottile strato di lacrime di gioia e poi papà, fiero, tronfo, il petto gonfio
di orgoglio, il cuore fremente di chi sta per veder realizzato il sogno della
propria infanzia… già… anche la sua. Dischiuse un solo attimo gli occhi David e
quando fece per richiuderli non ricordò nulla di poco prima ma si guardò
nuovamente intorno e si vide seduto dietro ad una scrivania, un vocio di
sottofondo a fare da colonna sonora ai suoi pensieri. Guardò la targhetta che
aveva davanti: “David Depinout – Vicecaporedattore” faceva. Il suo mondo
circostante era quello ovattato e forsennato della redazione di “Le monde”. Si
voltò in direzione del suo monitor e notò un pezzo lasciato a metà su
un’impresa sportiva della nazionale di calcio francese. David sospirò
profondamente, rassicurato dalla sua condizione e dalla certezza acquisita di
essere un vero giornalista. Soltanto la notte prima aveva sognato di essere un
impiegato di una fabbrica di pezzi meccanici ed era rabbrividito all’idea di
dover trascorrere tutto il suo tempo a digitare degli squallidi documenti fatti
da numeri, percentuali e frasi convenzionali. Era riuscito ad imporsi nel
massacrante lavoro di collaboratore giornalistico free-lance fino a convincere
il direttore responsabile e l’editore di quell’importantissimo quotidiano ad
ingaggiarlo definitivamente. David era riuscito a superare la delusione di
veder cestinati alcuni suoi “pezzi” per ragioni di spazio dopo che, tra mille
difficoltà, era riuscito ad ottenere preziose informazioni o difficili
interviste. Era stato costante e la costanza lo aveva premiato. Prese la cornetta del telefono, digitò il
numero di casa, all’altro capo la voce squillante di Annie gli rispose
<<Oui!?>>. <<Ciao amore, io stasera tardo: ho da finire un
pezzo importante. Ti amo>> <<Anch’io>> fu la risposta di
Annie. David riprese a scrivere di buona lena, inspirato dalla sua serenità,
dalla voglia matta di creare, di “partorire” nuove emozioni, di trasferire le
proprie sensazioni a tutti coloro che avessero letto i suoi articoli. Gli parve
che fossero trascorsi solo pochi attimi. Riaprì gli occhi, riconobbe l’interno
del negozio dei sogni, quel singolare arredamento e, accanto a lui, l’omino
rassicurante che gli stava di fianco ponendogli una mano sulla spalla, come per
sostenerlo, per trasmettergli il calore del suo corpo. David sollevò il capo
voltandosi fino ad incrociare il suo sguardo. <<Che significa?>>
gli chiese. <<Ti ho regalato il sogno dei rimpianti. Ho voluto che tu
potessi ripercorrere le tue occasioni perdute ponendo rimedio alle coincidenze
negative ed agli errori commessi. Speravo potessi colmare, anche se per pochi
minuti, il vuoto che ti è rimasto nell’anima per l’aver visto sfumare quelli
che erano i tuoi sogni, gli obiettivi che ti hanno accompagnato fin dalla tua
infanzia. Speravo di poter lenire il tuo dolore, quello che ti porti dentro da
quando hai dovuto soccombere agli eventi della vita. Spero, adesso, che tu possa
cogliere il reale significato di tutto ciò. Vorrei che ti rendessi conto che, a
volte nel corso di una vita, si possono anche commettere degli errori ma su
quelli non ci si deve abbattere bensì sfruttarli come fondamenta per realizzare
una struttura ben più solida. Gli errori commessi,così come le delusioni
imputabili a delle semplici casualità, è bene che divengano motivazioni per
provare a riuscire su altri fronti. Piangere ancora, dopo tanti anni, per non
essere riusciti a realizzare i propri sogni d’infanzia significa solo
compiangersi, mostrare la propria debolezza. Vedi, David, tu sei un bravo
ragazzo ma se sei qui non è per il semplice frutto di una casualità. Hai
seguito un cammino, sei stato attratto da un percorso, da una luce fino a
giungere qui davanti. Io ti aspettavo. Io sono te stesso e la parte di ognuno
che vuole uscire allo scoperto. Io sono la saggezza e la coscienza di ogni
uomo. So che oggi, uscendo da qui, tu non sarai più un ragazzo ma un uomo… un
uomo che saprà costruire, vincere e perdere ma che avrà sempre in se la forza
per risalire dal proprio fondo semmai nella vita dovesse capitargli di
sfiorarlo. Lì c’è la porta David, vai… il mondo ti aspetta. E ricorda: per
cambiare il proprio futuro non c’è un termine, ogni attimo può essere quello
giusto>>. L’omino schioccò le dita e David si svegliò. Si ritrovò seduto
sulla panchina di un parco: lì si era addormentato, avvolto dalla nebbia, il
viso coperto da un giornale. Dinnanzi ai suoi occhi era rimasto impresso solo
il lucido color vinaccio del sofà della bottega dei sogni così come il timbro
roco della voce dell’omino con il cappello. Si sentiva solo un po’ più forte,
David, e quel tardo pomeriggio si ricordò di non essere più un ragazzo ma un
uomo… un omino dalla barba bianca e un cappellino sulla testa, forse piccolo di
statura ma dalla grande, grandissima saggezza.
domenica 20 aprile 2014
L'AUTOBUS VOLANTE
Gli piaceva sognare, sognare ad occhi aperti. Gli
bastava aprire quei grandi occhi cerulei per ritrovarsi ad esplorare mondi
inconsueti, di nessun altro se non suoi … suoi e basta!
Era stato proprio per meglio viaggiare in quei mondi
fantastici che in un caldo pomeriggio di primavera Vanni aveva deciso di metter
su casa in un vecchio autobus in disuso, uno di quelli di un tempo che fu,
dalla carcassa color verde oliva.Il sole picchiava duro quel giorno di maggio; l’asfalto sembrava fumare sotto ai suoi piedi stanchi e fu allora che Vanni si accorse di quel torpedone dai fari tondi simili a due occhi tristi e dalle gomme sgonfie come piedi indeboliti dal tempo impietoso. Egli si avvicinò e, con circospezione, introdusse la testolina al di là di una delle porte aperte così da poter perlustrare velocemente l’interno del mezzo. Nulla vi era dentro e la cosa sembrò sollevarlo parecchio, così salì a bordo spedito.
Aveva camminato parecchio, Vanni, e proprio per questo, non appena entrato in quell’abitacolo un po’ squallido ma tuttavia accogliente, si distese sui seggiolini che componevano l’ultima fila e si mise a pensare osservando la vecchia obliteratrice, particolare che gli fece ripensare al suo primo viaggio in autobus da solo, a 10 anni, per puro spirito di indipendenza.
Batté le palpebre una volta, poi una seconda e, alla terza, dopo un lunghissimo sbadiglio, stanco come non mai, si addormentò.
Come per magia le porte si chiusero, i motori si accesero e le gomme, di colpo rinvigorite da un getto d’aria imponente, tirarono su quella carcassa stanca. Due colpi di clacson, uno di acceleratore e tutto fu pronto sotto lo sguardo sbigottito del ragazzo. Vanni si stropicciò forte gli occhi, quindi udì una voce provenire nitidamente dal vano motore: “Ehm … prova! Ci scusiamo con il nostro unico passeggero per gli improvvisi cali di voce cui saremo soggetti... ma le nostre cinghie vocali potrebbero essersi danneggiate durante questi lunghi anni d’inattività, pertanto le consigliamo di prendere posto sul sedile del conducente e di tenersi forte: potremmo incappare in fastidiose turbolenze!”.
“Turbolenze? Ma se in strada il sole sembra cuocere ogni cosa e di vento non c’è neppure l’ombra!” replicò Vanni d’istinto.
“In strada no … ma in cielo … chi lo sa?” rispose, misterioso, l’autobus.
“In cielo?”.
Fu proprio in quell’istante che il bus si mosse cigolando un po’ qua e là emettendo una gran nuvola di fumo grigio. L’avvio fu molto lento ma sempre più deciso.
Vanni osservava tutto con incredulità ma con sempre maggior curiosità. Decise di stare al gioco. “Dove si va?” chiese con tono di sfida.
“Voglio farti vedere una cosa” gli rispose il mezzo con voce pacata e poi aggiunse: “Credo che tu non sappia tantissimo di ciò che avviene nel mondo. Sei così giovane!!”.
“Può darsi, ma si può sapere dove andiamo?” tornò a chiedere Vanni con tono un po’ più preoccupato e meno spregiudicato di prima.
“Non preoccuparti! Pensa solo a rilassarti: al resto penserò io!” concluse la voce.
Vanni si tenne saldamente ai braccioli e chiuse forte gli occhi. Quando fece per riaprirli si sporse leggermente dal finestrino alla sua sinistra e rimase di sasso. L’autobus sembrava avvolto da un gran batuffolo di bambagia.
Il ragazzo non capiva dove si trovasse ma una risposta ai suoi dubbi giunse non appena il vecchio mezzo pubblico riuscì a liberarsi da quello strato di morbida consistenza. Con tono sempre più allarmato quasi urlò sobbalzando dal sedile: “Ma quella è la Sicilia! Mi sembra di guardare un mappamondo! A che altezza siamo?”
“In alto! Molto in alto ma solo mantenendoci così alti riusciremo ad accorciare notevolmente i tempi. Di strada da fare ne abbiamo ancora tanta!”.
Vanni provò a non far più domande; già che c’era voleva vedere come sarebbe andata a finire quella situazione così strana.
Sentì un rombo via via più imponente, fortissimo, poi un suono come di tromba da stadio “PARAPARAPPAPPARAPA’”. Si voltò nuovamente e si trovò a pochi metri da un “Jumbo” che gli parve immenso.
Quasi fuse la sua fronte al vetro del finestrino e focalizzò il pilota dell’aereo che si sbracciava come un vigile urbano al centro di un incrocio. Il pilota abbassò il vetro ed urlò: “Se vi fate un attimo da parte magari noi riusciamo a passare!!”
A Vanni venne da ridere perché mai avrebbe pensato ad una situazione simile. Dall’autobus la solita voce replicò: “Ma se il cielo è così immenso … !!”.
“Si, è immenso”, gli rispose il pilota ad alta voce ma con garbo, “ ma, per mille cornacchie!!! Vi siete messi proprio in mezzo alla nostra rotta!!”.
L’autobus, con uno scatto nervoso virò stretto e, finalmente, il “Jumbo jet” passò. Vanni continuò a seguire con lo sguardo l’enorme aereo che si allontanava e notò il braccio e la mano del pilota fuori dal finestrino a mo’ di saluto, in segno di ringraziamento.
Anche il loro viaggio riprese, ma più lentamente. Da quell’osservatorio privilegiato, vide mari e monti, meravigliose tinte ed uniche sfumature di verde e di azzurro ed ancora vide foci di fiumi e picchi innevati, coste schiumose e sabbiosi deserti senza fine. Viaggiarono e viaggiarono ancora lambendo le vette più alte. Fu proprio a quel punto che Vanni si ritrovò catapultato verso la sua destra e, mentre stava per protestare per quella manovra azzardata, nuovamente verso la sua sinistra fino a ritrovarsi col sedere nel corridoio, sul duro pavimento del torpedone.
“Che succede, adesso?” chiese Vanni.
“Sono gli uccelli migratori! Abbiamo beccato un grosso stormo e ci siamo ritrovati proprio in mezzo a loro ma, come avrai notato, l’ho schivato brillantemente come un pugile sul ring sotto i colpi del suo avversario”.
“Sì” proseguì Vanni, “ma, caro il mio pugile, ti sei accorto di quel pennuto con la zampa incastrata nel tergicristallo?”.
“Oh … mamma mia!!” fu tutto quello che l’autobus riuscì a dire. La grande spazzola iniziò a muoversi alternativamente da destra a sinistra nel tentativo di consentire all’uccello di divincolarsi ma l’operazione non andò a buon fine.
Vanni vide un nugolo di penne e piume sollevarsi in aria finché non scorse quel grosso uccello, un po’ stordito, riprendere il suo volo.
Finalmente l’autobus si decise a rivelare: “La nostra destinazione è Kabul, caro amico, ma non aver paura: saremo prudenti!”.
“Perché proprio una città così pericolosa?” chiese il ragazzo.
“Perché dietro a tutto quello che hai visto in tv … beh … potrebbe nascondersi altro”.
Vanni annuì fiducioso, appoggiò il capo sul vetro del finestrino e, piano piano, sbadiglio dopo sbadiglio, s’addormentò.
“Guarda!!” fu l’esclamazione che lo ridestò.
Vanni si stropicciò gli occhi e guardò l’orologio: era fermo! Pensò d’aver sognato ma gli bastò tornare a guardare di lato, attraverso il vetro alla sua sinistra, per rendersi conto che non era affatto immerso in alcun sogno.“Quello lì è un ospedale. Siamo arrivati! Aspetta, atterriamo!”. Il pesante mezzo, leggiadro come fosse un foglio di carta in balìa del vento, fece per girare attorno a sé stesso, poi puntò deciso verso terra.
Il passeggero si tappò gli occhi con le mani, impaurito ma anche impaziente di comprendere ciò che non aveva ancora capito.
Quando l’autobus toccò terra, finalmente, il ragazzo udì un forte soffio, quasi un enorme sospiro provenire dal motore mentre la voce che gli aveva tenuto compagnia durante quel viaggio dalla durata indefinita riprese a dire, con foga e convinzione: “Vedi? Dietro a quelle mura vi è solo dolore, vi è solitudine, povertà. Dietro a quelle mura vi è l’oscuro lavoro, mai raccontato, di tanta gente generosa che quotidianamente rischia la vita anteponendole la sofferenza degli ultimi, degli ammalati, degli abbandonati ma, soprattutto, ci sono centinaia di occhi come i tuoi: occhi speranzosi che avrebbero potuto creare, inventare, comporre e che, invece, non sono più capaci neppure di comprendere che anch’essi possono aspirare ad avere un domani. Vorrei che ciò ti facesse rendere conto che dietro agli imponenti proclami di giustizia e di nobili propositi raramente attuati può esserci tanta ipocrisia, il dolore mai valutato abbastanza della gente comune, c’è la sofferenza, la morte ma, soprattutto, c’è il potere ed il denaro di chi usa questa gente nascondendone al mondo intero le inumanità subite”.
Poi, d’un tratto, la voce si calmò, si abbassò ed aggiunse: “Adesso, se vuoi, ripartiamo”.
“No! Io rimango” fece Vanni fiero, issandosi sulle sue gambe col petto tronfio e gonfio di entusiasmo.
“Rimango anch’io” replicò il vecchio bus. I fari si spensero come il motore, le porte si aprirono e da quel magico bus corse fuori un nuovo combattente, più forte che mai, deciso ad inondare d’amore e di sogni tanti altri giovani, potenziali sognatori, proprio come lui.
Un rivolo di sudore scese lungo la sua tempia sinistra fin sulla sottostante guancia e lo solleticò fino a costringerlo a riaprire gli occhi. Vanni si drizzò sul sedile, lo sguardo corrucciato e i capelli scompigliati di chi aveva dormito profondamente ed aveva sognato … un sogno che gli era parso fin troppo vero.
Ancora solo, all’interno del vecchio bus, si sollevò sulle gambe e si avviò verso la porta più vicina; la oltrepassò, si voltò ancora una volta a guardare quel mezzo che lo aveva così ben ospitato e si diresse verso un bar, dall’altra parte della strada. “Buongiorno” fece Vanni entrandovi e rivolgendosi alla cassiera, “ha mica un elenco telefonico?”
“Certo! Tenga!” rispose lei porgendoglielo.
Deciso come non mai, il giovane lo sfogliò fino a che non trovò ciò che cercava: “Ecco! ... Emergency!! 06-688151”. Copiò il numero nella rubrica del suo telefonino ed andò via, complice lo strano sogno che aveva fatto, a dedicare la propria vita agli ultimi, in un paese lontano, laddove però, è molto difficile arrivare con un vecchio autobus volante!
Iscriviti a:
Post (Atom)