Per entrare nel cuore di un tifoso non bisogna
necessariamente essere un campione di livello mondiale e neppure un ottimo
giocatore di serie A: per entrare dentro al cuore di un tifoso e trovarvi
rifugio per sempre a volte basta essere te stesso, basta far vedere chi sei…
che sei un uomo… che ci metti impegno, passione… basta uscire dal campo con la
maglia che ti pesa tre chili per il sudore che vi hai lasciato dentro… anche se
sei un calciatore di serie C! A Palermo non si ricordano, infatti, solo
campioni celebrati o decorati. A Palermo non si ricordano solo i Miccoli, i
Corini, i Pastore, i Vernazza… A Palermo
si ricordano anche giocatori come Vailati, come Biava, come De Sensi… per quello che hanno saputo donare in termini
di sacrificio, di attaccamento alla maglia pur se in possesso di una tecnica
non proprio sopraffina… E a Palermo si ricordano quelli come Beppe Antonaccio,
capitano di un Palermo che forse non contava granchè in termini di categoria e
di prestigio ma che entusiasmava i propri tifosi al punto da portarli a
riempire lo stadio in ogni ordine di posto nonostante militasse in serie C1.
Giuseppe Antonaccio (Beppe, per tutti) nasce in Germania, a Norimberga l’8 di
aprile del 1972 ma è in Toscana, a Firenze per la precisione, che inizia a
giocare a 14 anni, per ritrovarsi, a 16, già aggregato alla prima squadra. La
carriera di Beppe conoscerà, però, quasi esclusivamente le serie C1 e C2 mentre
annovererà solo pochi acuti in serie B con 55 presenze e 3 gol realizzati. L’esperienza
palermitana di Antonaccio ci racconta di 3 anni in maglia rosanero (dal 1997 al
2000); 3 anni molto tormentati per via di 2 bruttissimi infortuni (rottura del
crociato in entrambi i casi) che ne pregiudicarono sia la prima che la terza ed
ultima stagione. Cinquantatre presenze e 4 gol (tutti realizzati nella sua
seconda stagione a Palermo) che bastarono al buon Beppe per far capire a tutti
di che pasta fosse fatto. Antonaccio era proprio uno di quei calciatori seri, generosi,
uno di quelli che all’interno di uno spogliatoio rappresentano un punto di
riferimento; Antonaccio era uno di quelli che sputava l’anima in campo e che
fuori da questo cercava di passare del tutto inosservato e per questo divenne ben
presto un beniamino degli esigenti ultras rosanero, anche se, per sfortuna, non
giocò tantissimo… anche se quel Palermo non arrivò mai in serie B… anche se
quello era un Palermo “povero” che vagava per i campi di Acireale, Battipaglia,
Torre del Greco e di Gualdo Tadino. <<Palermo, per me, è stata una tappa
fondamentale, una vera svolta perché lì ebbi l’occasione di giocare un calcio
che contava, non tanto per la categoria di appartenenza (eravamo in serie C) ma
perché giocavo in una città per cui la “C” era finta, per cui le esigenze erano
ben altre>>. Inizia come tutte le altre anche l’intervista a Beppe
Antonaccio. La sua dichiarazione d’amore al Palermo, a Palermo, prende la piega
del racconto di un periodo fantastico,
indimenticabile. <<Stare a Palermo era una meraviglia – prosegue
Antonaccio – e io ripeto sempre che l’esperienza a Palermo dovrebbero provarla
tutti i giocatori>>. Le parole del nostro protagonista suonano come un
attestato di grande stima verso l’intera piazza palermitana. <<Del mio
periodo al Palermo ricordo con estremo piacere soprattutto il secondo anno.
Dopo il primo crociato tornai alla prima stagione di Morgia in panchina e ne
valse la pena! Morgia era un allenatore speciale: è difficile da capire, forse,
ma venivamo da periodi bui a livello di risultati e lui si rivelò una persona
vera, un allenatore che aveva un modo di interpretare il suo ruolo e di
approcciarsi ai suoi giocatori totalmente differente dagli altri e, secondo me,
assolutamente vincente. Una grandissima persona… Ci faceva star bene e tutto
ciò ci portò ad ottenere dei grandi
risultati. Si respirava un’aria nuova, un nuovo modo di avvicinarci agli
allenamenti. Quella, a mio parere, era una buona squadra di serie C ma ottenne
risultati strepitosi, superiori ad ogni previsione. Gareggiare fino all’ultima
giornata per salire in serie B per noi che tutto sommato eravamo dei perfetti
sconosciuti fu entusiasmante. Fummo protagonisti di una cavalcata meravigliosa!
Eravamo molto uniti, un grande gruppo e ci volevamo davvero molto bene, ben al
di là del rispetto tra compagni. Figurati che eravamo quasi felici di partire
per i ritiri perché insieme ci divertivamo un mondo!!>>. Sentir parlare
Antonaccio in questi termini ci fa capire l’essenza di questo ragazzone che pur
badando ai risultati non disdegnava una particolare attenzione ai rapporti
umani. Il nostro capitano continua a spron battuto: <<Tutto questo era
merito di Morgia, dei suoi collaboratori ed anche del presidente Ferrara che,
comunque, pur non godendo di particolari risorse economiche (e questa non era
una colpa), è stata una persona che io ricordo con grande piacere perché
nutriva in sé grandi risorse umane: era un personaggio spettacolare che con noi
giocatori si è sempre comportato da padre.>> Il nome di Giovanni Ferrara
torna spesso fuori come un disco rotto nei ricordi di tutti i capitani che
hanno avuto rapporti con lui: Biffi, Modica, Favo… tutti hanno speso almeno
qualche parola per l’ex imprenditore di Lercara da sempre tacciato dai tifosi
di non esser mai stato un presidente dalle grandi disponibilità.
<<Purtroppo Palermo è una piazza molto esigente – ci dice Antonaccio – i
tifosi sono esigenti, la stampa è esigente. Ferrara non era un presidente dai
grandi mezzi ma era una persona molto onesta e l’onestà è una grande virtù in
mezzo a tanti venditori di fumo. Per noi era un padre e con lui molti di noi si
confidavano. Avevamo un rapporto che oggi, a distanza di 20 anni a raccontarlo
viene quasi da ridere se si pensa ai rapporti che esistono tra giocatori e
presidenti: c’è molto distacco e spesso sembra di rivedere il tipico rapporto
tra l’imprenditore ed il suo operaio. Per noi era diverso… forse perché noi
eravamo dei “poveracci” che sentivano la grande responsabilità di una maglia
come quella rosanero, una maglia che sentivamo cucita addosso>>. Ferrara,
uomo onesto e dai grandi valori: <<Si, basta ricordare ciò che successe
al Parma per capire che Giovanni Ferrara nel momento in cui ha lasciato Palermo
lo ha fatto affidandolo a mani sicure: anche grazie a lui, per 10 anni e più
abbiamo potuto ammirare un grande Palermo, un Palermo che ci ha dato emozioni
enormi, grandi risultati in campionato ed in Europa League, un Palermo che ha
annoverato fior di giocatori!>>. Chiedo a Beppe come mai dopo il
passaggio da Ferrara a Sensi lui dovette far le valigie: <<In realtà ero
partito in ritiro con la nuova società ma avevo già dato la mia parola a Morgia
che al Palermo venne sostituito da Sonzogni e decisi di seguirlo al
Savoia>>. Quale la gioia maggiore e quale la delusione più grande per
Beppe Antonaccio? Ci risponde così: <<La gioia più grande è stata proprio
la fascia di capitano. Fare il capitano al Palermo era un bel sentire!! Entrare
nello stadio di Palermo è una sensazione indescrivibile. Quando lasci il cuore
a Palermo vieni ricordato per aver lasciato un’ impronta e non per i risultati
sportivi. Vieni apprezzato come persona e questo è il riconoscimento più
grande: ai tifosi non entra nulla in tasca quando si ricordano di Antonaccio e
quando ciò si verifica, ripeto, è proprio un bel sentire!! La mia delusione più
grande a Palermo non fu tanto la retrocessione del primo anno, poiché mi ero
rotto il crociato e quindi non la vissi direttamente ma solo da lontano tra
ospedale e centro di riabilitazione, quanto la mancata promozione in B della
seconda stagione. Vincemmo l’ultima partita in casa credo contro il Crotone ma
quella partita rappresentò un viaggio in paradiso e ritorno senza precedenti.
In campo sentivamo notizie positive, poi negative… Speravamo nel miracolo fino
all’ultimo minuto ma non accadde. Ciò che rimbalzava in campo era molto confuso:
“Stanno perdendo… Stanno vincendo… Pareggiano…”. Immaginati uno stadio con
30.000 persone dentro, in cui ognuno dice la sua: arriva una voce e lo stadio
esplode in un gran boato e allora pensi che ce l’hai fatta… poi confusione
incredibile finchè non ti rendi conto
che, invece, è finita!! Ricordo che restammo negli spogliatoi, per 2 ore
e mezza, seduti. Nessuno si muoveva,nessuno si era cambiato; non volava una
mosca: un’atmosfera incredibile, che non dimenticherò mai in vita mia. Eravamo
totalmente svuotati di ogni energia. Quello stato d’animo si vide anche nei
play-off contro il Savoia. Non avevamo recuperato la nostra mentalità vincente;
cercavamo solo di convincerci ma dentro si era spenta la lampadina. Palermo ti
prosciuga: ci erano finite le energie mentali e non avercela fatta in quell’ultima
giornata ci devastò. L’andata del play-off andò così e così ma al ritorno la
partita fu caricata in maniera esasperata. Avevamo molte aspettative ma la
verità fu che non la reggemmo mentalmente: giocare nel Savoia era diverso che
giocare nel Palermo e reggere Palermo non è da tutti. Quell’anno lì abbiamo
pagato questo aspetto anche se devo dire che la promozione l’avevamo mancata
negli ultimi 5 incontri di campionato quando ottenemmo 4 pareggi ed una
vittoria>>. Con quali compagni, Beppe, hai mantenuto determinati rapporti
di amicizia? <<Ci vediamo e sentiamo spesso con Luca Puccinelli che fa il
procuratore… con Fortini, con Picconi ci siamo visti un paio di volte… con
Biffi ci siamo incontrati nel traffico di Milano e siamo rimasti un po’ a
parlare…>>. Oggi Beppe Antonaccio riveste un ruolo molto prestigioso
sempre nel mondo del calcio: <<Mi sono ritirato dal calcio giocato molto
giovane, a 34 anni, perché dopo 2 crociati allenarmi era diventato un calvario
e ho capito che era meglio lasciare stare e dedicarmi ad altro. Sono stato 7 anni alla Juve e da un anno e mezzo sono un
osservatore in Colombia per il Manchester United. Il calcio colombiano mi ha
sempre affascinato ed eccomi qui a svolgere questo lavoro che ritengo una gran
bella esperienza. Di Palermo mi restano dentro tanti episodi, tanti ricordi: la
villetta di Mondello che adoravo… quel chilogrammo di arance che mi fece
trovare il fruttivendolo sulle scale con su la dedica “Grazie per il gol!”… le
mie colazioni al Caflish… gli sfottò per strada dopo le sconfitte e i
complimenti dopo ogni vittoria, quando ti sentivi davvero un campione del
mondo!>>. Questa è Palermo, caro
Beppe, con i suoi pregi e i suoi difetti… con i propri limiti e le sue
esaltazioni… Palermo è Rosa e Nero nel vero senso delle 2 parole!
<<Auguro a Palermo di tornare presto laddove merita: in serie A. Per
ottenere questo traguardo raccomando a tutti i tifosi di far sentire alla
squadra il proprio sostegno. Dico loro di tornare allo stadio in massa perché i
Presidenti passano, i giocatori passano ma la maglia, i colori, sono
vostri!!>>. Firmato Beppe Antonaccio: capitano di serie C ma uomo di serie A rimasto per sempre impresso nei nostri
cuori "RosaNero".
Ivan Trigona.
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