giovedì 21 dicembre 2017

CAPITANI ROSANERO: BEPPE ANTONACCIO



Per entrare nel cuore di un tifoso non bisogna necessariamente essere un campione di livello mondiale e neppure un ottimo giocatore di serie A: per entrare dentro al cuore di un tifoso e trovarvi rifugio per sempre a volte basta essere te stesso, basta far vedere chi sei… che sei un uomo… che ci metti impegno, passione… basta uscire dal campo con la maglia che ti pesa tre chili per il sudore che vi hai lasciato dentro… anche se sei un calciatore di serie C! A Palermo non si ricordano, infatti, solo campioni celebrati o decorati. A Palermo non si ricordano solo i Miccoli, i Corini, i Pastore, i Vernazza…  A Palermo si ricordano anche giocatori come Vailati, come Biava, come De Sensi…  per quello che hanno saputo donare in termini di sacrificio, di attaccamento alla maglia pur se in possesso di una tecnica non proprio sopraffina… E a Palermo si ricordano quelli come Beppe Antonaccio, capitano di un Palermo che forse non contava granchè in termini di categoria e di prestigio ma che entusiasmava i propri tifosi al punto da portarli a riempire lo stadio in ogni ordine di posto nonostante militasse in serie C1. Giuseppe Antonaccio (Beppe, per tutti) nasce in Germania, a Norimberga l’8 di aprile del 1972 ma è in Toscana, a Firenze per la precisione, che inizia a giocare a 14 anni, per ritrovarsi, a 16, già aggregato alla prima squadra. La carriera di Beppe conoscerà, però, quasi esclusivamente le serie C1 e C2 mentre annovererà solo pochi acuti in serie B con 55 presenze e 3 gol realizzati. L’esperienza palermitana di Antonaccio ci racconta di 3 anni in maglia rosanero (dal 1997 al 2000); 3 anni molto tormentati per via di 2 bruttissimi infortuni (rottura del crociato in entrambi i casi) che ne pregiudicarono sia la prima che la terza ed ultima stagione. Cinquantatre presenze e 4 gol (tutti realizzati nella sua seconda stagione a Palermo) che bastarono al buon Beppe per far capire a tutti di che pasta fosse fatto. Antonaccio era proprio uno di quei calciatori seri, generosi, uno di quelli che all’interno di uno spogliatoio rappresentano un punto di riferimento; Antonaccio era uno di quelli che sputava l’anima in campo e che fuori da questo cercava di passare del tutto inosservato e per questo divenne ben presto un beniamino degli esigenti ultras rosanero, anche se, per sfortuna, non giocò tantissimo… anche se quel Palermo non arrivò mai in serie B… anche se quello era un Palermo “povero” che vagava per i campi di Acireale, Battipaglia, Torre del Greco e di Gualdo Tadino. <<Palermo, per me, è stata una tappa fondamentale, una vera svolta perché lì ebbi l’occasione di giocare un calcio che contava, non tanto per la categoria di appartenenza (eravamo in serie C) ma perché giocavo in una città per cui la “C” era finta, per cui le esigenze erano ben altre>>. Inizia come tutte le altre anche l’intervista a Beppe Antonaccio. La sua dichiarazione d’amore al Palermo, a Palermo, prende la piega del racconto di un periodo  fantastico, indimenticabile. <<Stare a Palermo era una meraviglia – prosegue Antonaccio – e io ripeto sempre che l’esperienza a Palermo dovrebbero provarla tutti i giocatori>>. Le parole del nostro protagonista suonano come un attestato di grande stima verso l’intera piazza palermitana. <<Del mio periodo al Palermo ricordo con estremo piacere soprattutto il secondo anno. Dopo il primo crociato tornai alla prima stagione di Morgia in panchina e ne valse la pena! Morgia era un allenatore speciale: è difficile da capire, forse, ma venivamo da periodi bui a livello di risultati e lui si rivelò una persona vera, un allenatore che aveva un modo di interpretare il suo ruolo e di approcciarsi ai suoi giocatori totalmente differente dagli altri e, secondo me, assolutamente vincente. Una grandissima persona… Ci faceva star bene e tutto ciò ci portò ad ottenere dei  grandi risultati. Si respirava un’aria nuova, un nuovo modo di avvicinarci agli allenamenti. Quella, a mio parere, era una buona squadra di serie C ma ottenne risultati strepitosi, superiori ad ogni previsione. Gareggiare fino all’ultima giornata per salire in serie B per noi che tutto sommato eravamo dei perfetti sconosciuti fu entusiasmante. Fummo protagonisti di una cavalcata meravigliosa! Eravamo molto uniti, un grande gruppo e ci volevamo davvero molto bene, ben al di là del rispetto tra compagni. Figurati che eravamo quasi felici di partire per i ritiri perché insieme ci divertivamo un mondo!!>>. Sentir parlare Antonaccio in questi termini ci fa capire l’essenza di questo ragazzone che pur badando ai risultati non disdegnava una particolare attenzione ai rapporti umani. Il nostro capitano continua a spron battuto: <<Tutto questo era merito di Morgia, dei suoi collaboratori ed anche del presidente Ferrara che, comunque, pur non godendo di particolari risorse economiche (e questa non era una colpa), è stata una persona che io ricordo con grande piacere perché nutriva in sé grandi risorse umane: era un personaggio spettacolare che con noi giocatori si è sempre comportato da padre.>> Il nome di Giovanni Ferrara torna spesso fuori come un disco rotto nei ricordi di tutti i capitani che hanno avuto rapporti con lui: Biffi, Modica, Favo… tutti hanno speso almeno qualche parola per l’ex imprenditore di Lercara da sempre tacciato dai tifosi di non esser mai stato un presidente dalle grandi disponibilità. <<Purtroppo Palermo è una piazza molto esigente – ci dice Antonaccio – i tifosi sono esigenti, la stampa è esigente. Ferrara non era un presidente dai grandi mezzi ma era una persona molto onesta e l’onestà è una grande virtù in mezzo a tanti venditori di fumo. Per noi era un padre e con lui molti di noi si confidavano. Avevamo un rapporto che oggi, a distanza di 20 anni a raccontarlo viene quasi da ridere se si pensa ai rapporti che esistono tra giocatori e presidenti: c’è molto distacco e spesso sembra di rivedere il tipico rapporto tra l’imprenditore ed il suo operaio. Per noi era diverso… forse perché noi eravamo dei “poveracci” che sentivano la grande responsabilità di una maglia come quella rosanero, una maglia che sentivamo cucita addosso>>. Ferrara, uomo onesto e dai grandi valori: <<Si, basta ricordare ciò che successe al Parma per capire che Giovanni Ferrara nel momento in cui ha lasciato Palermo lo ha fatto affidandolo a mani sicure: anche grazie a lui, per 10 anni e più abbiamo potuto ammirare un grande Palermo, un Palermo che ci ha dato emozioni enormi, grandi risultati in campionato ed in Europa League, un Palermo che ha annoverato fior di giocatori!>>. Chiedo a Beppe come mai dopo il passaggio da Ferrara a Sensi lui dovette far le valigie: <<In realtà ero partito in ritiro con la nuova società ma avevo già dato la mia parola a Morgia che al Palermo venne sostituito da Sonzogni e decisi di seguirlo al Savoia>>. Quale la gioia maggiore e quale la delusione più grande per Beppe Antonaccio? Ci risponde così: <<La gioia più grande è stata proprio la fascia di capitano. Fare il capitano al Palermo era un bel sentire!! Entrare nello stadio di Palermo è una sensazione indescrivibile. Quando lasci il cuore a Palermo vieni ricordato per aver lasciato un’ impronta e non per i risultati sportivi. Vieni apprezzato come persona e questo è il riconoscimento più grande: ai tifosi non entra nulla in tasca quando si ricordano di Antonaccio e quando ciò si verifica, ripeto, è proprio un bel sentire!! La mia delusione più grande a Palermo non fu tanto la retrocessione del primo anno, poiché mi ero rotto il crociato e quindi non la vissi direttamente ma solo da lontano tra ospedale e centro di riabilitazione, quanto la mancata promozione in B della seconda stagione. Vincemmo l’ultima partita in casa credo contro il Crotone ma quella partita rappresentò un viaggio in paradiso e ritorno senza precedenti. In campo sentivamo notizie positive, poi negative… Speravamo nel miracolo fino all’ultimo minuto ma non accadde. Ciò che rimbalzava in campo era molto confuso: “Stanno perdendo… Stanno vincendo… Pareggiano…”. Immaginati uno stadio con 30.000 persone dentro, in cui ognuno dice la sua: arriva una voce e lo stadio esplode in un gran boato e allora pensi che ce l’hai fatta… poi confusione incredibile finchè non ti rendi conto  che, invece, è finita!! Ricordo che restammo negli spogliatoi, per 2 ore e mezza, seduti. Nessuno si muoveva,nessuno si era cambiato; non volava una mosca: un’atmosfera incredibile, che non dimenticherò mai in vita mia. Eravamo totalmente svuotati di ogni energia. Quello stato d’animo si vide anche nei play-off contro il Savoia. Non avevamo recuperato la nostra mentalità vincente; cercavamo solo di convincerci ma dentro si era spenta la lampadina. Palermo ti prosciuga: ci erano finite le energie mentali e non avercela fatta in quell’ultima giornata ci devastò. L’andata del play-off andò così e così ma al ritorno la partita fu caricata in maniera esasperata. Avevamo molte aspettative ma la verità fu che non la reggemmo mentalmente: giocare nel Savoia era diverso che giocare nel Palermo e reggere Palermo non è da tutti. Quell’anno lì abbiamo pagato questo aspetto anche se devo dire che la promozione l’avevamo mancata negli ultimi 5 incontri di campionato quando ottenemmo 4 pareggi ed una vittoria>>. Con quali compagni, Beppe, hai mantenuto determinati rapporti di amicizia? <<Ci vediamo e sentiamo spesso con Luca Puccinelli che fa il procuratore… con Fortini, con Picconi ci siamo visti un paio di volte… con Biffi ci siamo incontrati nel traffico di Milano e siamo rimasti un po’ a parlare…>>. Oggi Beppe Antonaccio riveste un ruolo molto prestigioso sempre nel mondo del calcio: <<Mi sono ritirato dal calcio giocato molto giovane, a 34 anni, perché dopo 2 crociati allenarmi era diventato un calvario e ho capito che era meglio lasciare stare e dedicarmi ad altro. Sono stato  7 anni alla Juve e da un anno e mezzo sono un osservatore in Colombia per il Manchester United. Il calcio colombiano mi ha sempre affascinato ed eccomi qui a svolgere questo lavoro che ritengo una gran bella esperienza. Di Palermo mi restano dentro tanti episodi, tanti ricordi: la villetta di Mondello che adoravo… quel chilogrammo di arance che mi fece trovare il fruttivendolo sulle scale con su la dedica “Grazie per il gol!”… le mie colazioni al Caflish… gli sfottò per strada dopo le sconfitte e i complimenti dopo ogni vittoria, quando ti sentivi davvero un campione del mondo!>>.  Questa è Palermo, caro Beppe, con i suoi pregi e i suoi difetti… con i propri limiti e le sue esaltazioni… Palermo è Rosa e Nero nel vero senso delle 2 parole! <<Auguro a Palermo di tornare presto laddove merita: in serie A. Per ottenere questo traguardo raccomando a tutti i tifosi di far sentire alla squadra il proprio sostegno. Dico loro di tornare allo stadio in massa perché i Presidenti passano, i giocatori passano ma la maglia, i colori, sono vostri!!>>. Firmato Beppe Antonaccio: capitano di serie C ma uomo di serie A rimasto per sempre impresso nei nostri cuori "RosaNero". 

Ivan Trigona.
 


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